L’Alluce Valgo rappresenta la prima causa di dolore dell’avampiede e viene definito generalmente come la deviazione laterale del primo dito rispetto al primo metatarso (osso dell’avampiede che si articola con l’alluce). La definizione, introdotta nel 1863 da Carl Hueter, per quanto veritiera non fa comprendere a pieno la complessità della deformità che varia notevolmente in base alla morfologia del piede, alle attività ed alle abitudini del paziente e, in genere, quando si approccia alla patologia non si considera l’alluce come la parte terminale dell’apparato muscolo-scheletrico ma come singola entità che si deforma per l’utilizzo di calzature con tacchi alti o perché si ha la sfortuna di averlo ereditato, proponendo trattamenti farmacologici antinfiammatori e modificazioni delle calzature in attesa di un trattamento chirurgico che abbia come scopo il solo riallineamento dei segmenti scheletrici. Negli ultimi 150 anni sono stati proposti più di 120 tecniche chirurgiche per la risoluzione della problematica tra tecniche e modificazioni delle stesse, e questo ci porta a comprendere quanto in realtà la deformità sia più complessa di quello che vediamo, vari notevolmente da persona a persona e soprattutto che non esiste un trattamento unico per tutti; rimane pertanto indispensabile riuscire ad inquadrare la deformità in un contesto biomeccanico-funzionale più ampio che non veda l’alluce come singolo elemento ma come parte integrante del sistema propulsivo che ci permette di concludere il passo deformandosi sia per condizioni morfologiche ereditarie, sia per vizi accomodativi di patologie disfunzionali di articolazioni sovrasegmentarie (retropiede, caviglia, ginocchio, anca, etc.). L’Alluce Valgo deve far sospettare dell’esistenza di un problema più ampio che interessa tutto l’avampiede e che nella maggior parte dei casi non risiede nell’alluce ma esso è semplicemente una vittima che sopporta sollecitazioni importanti, a volte costretto in calzature inadeguate che, come tutto il piede, non ci accorgiamo di avere fino a quando le degenerazioni non raggiungono livelli insopportabili tali da comportare forti dolori. Una diagnosi affrettata che non tiene in considerazione il modo di camminare, eventuali disfunzioni sovrasegmentarie e la postura generale del Paziente può portare, dopo trattamenti cruenti ed un post-operatorio abbastanza doloroso, a fallimenti terapeutici che, nella migliore delle ipotesi, ci riportano in poco tempo allo stesso grado di deformità ma con una maggior rigidità articolare e quindi un alluce che, non riuscendo più a compiere il proprio lavoro come prima, è costretto a sovraccaricare le strutture limitrofe. La stessa condizione la si riscontra quando vengono ignorati il primi segni clinici: i disturbi della pianta del piede (le metatarsalgie), le deformità ungueali (onicolisi, onicogrifosi, onicocriptosi, etc.) e le deformità digitali (dita a martello, dita a griffe) devono essere considerati come la conseguenza di una modo di camminare patologico, che provoca la formazione di callosità ed ipercheratosi dolenti che quasi mai sono considerate come lesioni o come l’esigenza della cute di difendersi da attriti o ipercarichi e vengono quasi sempre gestiti attraverso trattamenti estetici o di pedicuria che permettono il peggioramento della condizione.
Come sempre la migliore cura è la prevenzione che deve instaurasi precocemente, con una valutazione sopratutto biomeccanica in cui il Paziente deve essere sottoposto a test articolari e muscolari ed a esami specifici, non solo radiografici ma anche baropodometrici, esami non invasivi che ci consentono con estrema precisione di quantificare l’atteggiamento del Piede in ortostatismo (in piedi fermo), in dinamica (camminando) e di valutare la capacità dell’organismo di mantenere l’equilibrio fornendoci informazioni importanti che devono servire di ausilio alla visita Podologica per poter impostare un trattamento efficace, adeguato e sopratutto personalizzato. Nelle condizioni avanzate è comunque possibile integrare i trattamenti ortopodologici con trattamenti chirurgici definiti “minimamente invasivi” in cui con uno strumentario specifico, dopo una lunga curva di apprendimento e sopratutto con la consapevolezza della condizione da gestire ci permettono di riallineare e trattare le deformità ossee ed articolari attraverso incisioni di qualche millimetro permettendo un post-operatorio agevole e sopratutto in assenza di dolore. E’ chiaro che il Piede è un organo complesso la cui funzione non è semplicemente quella di farci camminare, ma ci permette anche di mantenere l’equilibrio e non è difficile riscontrare clinicamente piedi che poggiano male non per una loro problematica ma per adattarsi a dimorfismi della colonna vertebrale o per problematiche dentali, pertanto, rimane di fondamentale importanza, eseguire sempre una valutazione ed un diagnosi chiara che non tenga solo conto delle caratteristiche della deformità ma che sia in grado di spiegare le cause della deformità potendo solo in questo modo decidere la giusta strategia terapeutica che non per forza debba essere ortesica o chirurgica ma che possa combinare le due strade terapeutiche al fine di risolvere definitivamente la patologie e prevenire degenerazioni future.
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